E’ finita l’era in cui le recensioni in rete riguardavano soltanto ristoranti, servizi, oggetti di consumo, alberghi, libri e film. L’assegnazione di punteggi e commenti riguarderà sempre più le persone e di conseguenza le professioni.
La mia non è una premonizione, si chiama Peeple (fusione fra peep, sbirciare e people, gente) la nuova App nata negli Stati Uniti circa un anno fa che consente di recensire persone per ciò che riguarda l’aspetto professionale, personale e sentimentale.
Il panorama che si propone a chi getta uno sguardo su queste tecnologie fa pensare che non manca molto alla nascita di servizi anche in Italia che prevedano di lasciare recensioni su un professionista. Anche l’utilizzo del forum, che nel nostro paese è usuale già da tempo, sarà sempre più frequente nella scelta di uno specialista. E’ bene quindi che iniziamo ad abituarci.
Mi chiedo però quali possano essere gli effetti di questo trend su figure professionali come quelle dello psicologo e dello psicoterapeuta.
Sul forum si fa per iscritto ciò che prima si faceva in piazza, al bar o fra le mura di casa: due o più persone discutono su un paio di sci, un film, una macchiolina sulla pelle, il problema dell’immigrazione, le unioni civili ed anche la scelta di un professionista.
Quindi, anche di uno psicoterapeuta. Accade infatti che “ciccio79” raccomandi a “milena94”, che soffre di attacchi di panico, un professionista piuttosto che un altro. Tuttavia può capitare anche il contrario, e cioè che un professionista venga sconsigliato. Ma soprattutto, chi è ciccio79? Che competenze possiede per dispensare suggerimenti e magari sconsigliare un professionista?
Umberto Eco, durante il conferimento della laurea honoris causa a Torino nel 2015, affermava con tono sarcastico:
“I social media danno il diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere. Mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”.
Senza giungere a conclusioni tutt’altro che moderate come quelle di Eco, credo che il forum non possa essere equiparato al vecchio passaparola. Sono giudizi soggettivi che rimangono scritti e perlopiù pubblici. E di cui spesso non si conosce la fonte.
Del terapeuta dunque si parla già oggi sui social forum, e si possono anche dare pubblicamente opinioni e valutazioni. E la “regola” che vige è: che lui lo voglia o no.
 
Se digitiamo su google “psicoterapeuta Genova”, noteremo che a molti professionisti presenti sul web corrispondono, nome e cognome, indirizzo, recapiti telefonici e la voce “valuta e recensisci”. Lascio a chi di dovere le implicazioni giuridiche di un’eventuale recensione negativa chiedendomi solo se ha senso che uno psicoterapeuta sia esposto a sua insaputa all’assegnazione di punteggi o commenti, al pari di un oggetto tecnologico ultima generazione, di un libro o dell’ultimo film di Quentin Tarantino.
Valutare oggettivamente una prestazione professionale è già di per sé difficile rispetto al giudizio su un oggetto che acquistiamo e che possiamo recensire a seconda di criteri quali la tenuta di strada nel caso di una moto, la fotografia nel caso di un film o la nitidezza dell’immagine nel caso di uno schermo.
A maggior ragione mi chiedo come sia possibile valutare nello specifico una figura professionale, come quella del terapeuta, in cui il ruolo dell’incontro e della relazione sono centrali, soprattutto con gli sviluppi che quest’ultima mette in gioco, vedi il transfert e il controtransfert.
E’ chiaro che in un terapeuta le competenze tecniche e teoriche rimangono una componente indispensabile, ma nella relazione di aiuto sono implicati così tanti fattori da rendere paradossale il binomio recensione-terapeuta.
Ho avuto un paziente che necessitando di un supporto farmacologico, si è rivolto ad uno psichiatra. Insoddisfatto di quest’ultimo ne ha consultato un altro, e poi un altro ancora e via di seguito, fino ad arrivare a quattro specialisti. Li trovava tutti saccenti, aggressivi e presuntuosi. E ogni volta che me ne parlava si irritava vistosamente. Viveva suo padre in ogni specialista, risuonando a sua volta con sensazioni di rabbia e frustrazione legati all’ esperienza personale nel rapporto col padre. Nulla di inconsueto per chi è del mestiere, ma sono certa che se l’inconsapevole paziente si fosse cimentato in un’opera di assegnazione di stelline a quei professionisti, lo avrebbe fatto a dir poco volentieri. Ignaro del fatto che la sua attribuzione di valore nei confronti degli psichiatri era influenzata dal suo stato emotivo e da innumerevoli processi proiettivi. Ecco perché le relazioni umane sono così complesse e perché sarebbe riduttivo assegnare dei punteggi, soprattutto in casi similari a quello che qui ho voluto brevemente raccontare.
Temo un tempo in cui digitando su google il nome di uno psicoterapeuta vedrò, oltre a tutti i suoi dati, le foto di moglie e figli, un riquadro dal nome “giudizi” che ricorda il sistema di valutazione dei film al cinema, suddiviso in due parti: “critica” e “pubblico”. E temo un tempo in cui scorrendo tra le pagine di un forum mi imbatterò in una discussione in cui della professionalità di quel terapeuta non si parlerà neppure, ma al suo posto ci saranno i commenti su chi lo trova elegante e chi invece antiquato, sulla bellezza della moglie o le sue abitudini alimentari.
Trovo poco utile che all’interno di un forum si disquisisca intorno ad un terapeuta, nonché poco gradevole per chi ne diventa l’oggetto. Tuttavia è pur vero che di cose poco utili e gradevoli il mondo ne è stracolmo.
Valutare e recensire un terapeuta non rende valore a questa figura professionale. In primo luogo perché la riduce a prendere voti, stelline o pallini per salire in vetta alle classifiche come la più nota hit parade del momento.
E l’atto in sé di recensire con stelline significa trascurare una delle dimensioni fondamentali presenti in questa professione, ovvero quella relazionale.