Si possono dire molte cose diverse su ciò che è accaduto, sta ancora accadendo e probabilmente ancora accadrà sullo scenario multimediale a proposito di abusi e violenze di natura sessuale a danno delle donne, nell’ambito del mondo dello spettacolo, dello sport e...forse sarebbe meglio dire semplicemente nel mondo...
Una cosa è meglio dire subito, prima di ogni distinguo e di analisi più sottili: l’abuso di potere in campo sessuale sarà meno praticabile, almeno negli ambienti che sono stati coinvolti, niente sarà più come prima.
La violenza e l’abuso sulle donne è un male endemico della nostra cultura, fatte le dovute distinzioni di tempi, luoghi e ambiti socioculturali.
Si può e si deve ragionare su vari aspetti e tra i primi anche sulla possibile complicità di comportamenti e sentimenti femminili, ma è “un bene di prima necessità” che le donne denuncino gli abusi subiti sui posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, e in ogni altro ambito sociale.
Nel variopinto mondo dello spettacolo è facile pensare che alcune donne possano voler trarne un vantaggio di visibilità (“seguitemi nelle prossime settimane, che avrò altre cose da raccontare” diceva in questi giorni una star).
Tuttavia è chiaro che le denunce sono in qualche modo anche autodenunce e la visibilità è anche una lesione alla propria immagine e alla propria “situazione” personale.
Nel palcoscenico semivirtuale dell’informazione mediatica è probabile che non venga vista la ferita emozionale, presente e passata, che queste donne portano dentro ed ora “portano fuori”.
Nel mondo delle immagini i sentimenti tendono a evaporare, a meno che non si tratti di quelli che si possono facilmente “immaginare” e facilmente manipolare e replicare nella fabbrica mediatica.
La denuncia è strumento che può avere molteplici forme, può essere semplificatorio e grezzo, ma dà voce a un’urgenza socioculturale: rendere sempre più impervia la strada che porta alla violenza e all’abuso sessuale, chiudendone tutti gli accessi possibili.
In tutti i luoghi in cui c’è un potere maschile l’abuso sessuale ha il suo terreno di coltura, che la cultura dominante sottovaluta e copre, per ignavia e spesso per complicità delle leve prevalentemente maschili del potere.
L’abuso comincia già negli apprezzamenti verbali e nelle comunicazioni non verbali di seduzione, fatti da chi “sta sopra” nonostante non ci sia corrispondenza dall’altra parte e in ogni caso quando l’età o il ruolo non lo dovrebbero consentire.
Qui si potrebbe aprire un’analisi seria sui ruoli e sulle professioni regolamentate o regolamentabili sul piano deontologico: uno psicologo ha un codice di comportamento sessuale nei confronti del paziente…e un medico, un insegnante, un datore di lavoro?
Come pure si possono fare analisi sottili sul capovolgimento che a volte si può rilevare quando in qualche caso donne con ruoli di potere sembrano scivolare anch’esse sullo stesso piano inclinato.
Sono tutte analisi indispensabili, ma non devono creare ombra all’evidenza del fenomeno sociale principale che è oggetto dell’attuale diffusa denuncia.
Il sostegno a questa denuncia da parte dei maschi consapevoli e “di forte volonta’” deve partecipare alla costituzione di un cordone sanitario che serva a rendere sempre più circoscritta e debellabile questa malattia endemica ed epidemica, probabilmente non più pandemica come un tempo, almeno nel nostro mondo “occidentale”.
Sarà parte fondamentale di una profilassi culturale globale, che contribuisca a dar forza anche alle forze grandi, ma in grande difficoltà, delle donne (e bambine!) di paesi vicini e lontani in cui il medio evo predomina, quanto a parità dei sessi e rispetto delle diversità.
Ancora più fondamentale è la voce delle donne, un coro che dovrebbe essere unito, con le diverse note ed i diversi accenti, con toni anche contrastanti, fermo però restando un forte “NO! senza se e senza ma” all’abuso comunque esercitato...coi fiori o coi terrori...con seduzioni brillanti o violenze imperanti...