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Questo libro affronta il tema del rapporto tra amore e amor proprio: l'analisi dei motivi che spesso ci portano alla perdita sia dell'uno che dell'altro è accompagnata da una proposta terapeutica che integra gli insegnamenti fondamentali della psicanalisi e della psicoterapia corporea di Wilhelm Reich e di Alexander Lowen, con quelli delle discipline che affondano le loro radici nelle filosofie e nelle religioni orientali.
“ LA RICERCA DEL PROPRIO AMORE ”, frutto di un'esperienza raccontata in “ L'ISOLA FELICE – Viaggio alla ricerca dell'amore perduto ”, può essere d'aiuto a tutti coloro che vogliono partire per un viaggio alla ricerca di se stessi e del proprio amore.
‘‘Noi che non siamo contenti dell'amore che ci è dato e che sappiamo dare, noi che sentiamo dentro un bisogno più grande, faremo bene a partire per un viaggio dentro a noi stessi…per riprenderci tutto per intero l'amore proprio che ci compete come esseri umani.''
“ LA RICERCA DEL PROPRIO AMORE”, e “L'ISOLA FELICE –Viaggio alla ricerca dell'amore perduto” sono due libri autonomi ma collegati, uno integra l'altro e ne facilita la comprensione: per questo vi è in entrambi un segnalibro con un indice specifico, che consente un'immediata connessione tra i due lavori.

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Passi scelti…

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Quando ti accorgerai di non riuscire a trovare l'amore
allora sarà il tempo di partire per andarlo a cercare:
dentro di te...
 
 
LA FAVOLA DELL ' AMORE
 
Crediamo di amare, ma molto spesso amiamo più che altro le immagini che abbiamo in fondo al cuore.
Abbiamo dentro tutto un nostro mondo fatto d'immagini, tracce sbiadite eppure luccicanti di sentimenti della nostra infanzia, e intorno abbiamo un mondo che ha il culto delle immagini, sirene variopinte di un mare d'illusioni: finiamo quindi per innamorarci soprattutto d'immagini.
E poi ci arrabattiamo in mille confusioni di sentimenti opposti, di fantasie e realtà che non si accordano, di amori che finiscono in rancori.
Nella nostra ricerca dell'amore ci facciamo guidare troppo spesso da un cuore che è malato e da una mente astratta e disturbata.
Fatte le dovute distinzioni per ognuno di noi, questo è all'incirca parte del corredo che ci siamo portati dall'infanzia, confezionato giorno dopo giorno dapprima dentro al nucleo familiare e più tardi nell'ambito sociale.
E' per questo che ci ficchiamo spesso in incontri d'amore che sembrano inventati da un destino burlone per farci stare male.
Quando c'innamoriamo ci ritroviamo abbracciati, e qualche volta appesi, a “un certo non so che” della persona amata che accende il nostro cuore: un lato del carattere, un suo modo di esprimersi, qualcosa del suo aspetto corporeo.
Di solito è una combinazione di più elementi, che fa venire a galla sensazioni ed immagini che abbiamo già incontrato nell'infanzia e che ci hanno lasciato una traccia profonda: e noi, del tutto inconsapevoli, vibriamo ancora pieni di sentimento.
Con un sesto senso straordinario, e quasi sempre inconscio, andiamo in caccia d'immagini e di dinamiche sentimentali che hanno una qualche risonanza con quelle del rapporto che abbiamo avuto coi nostri genitori.
Questo è sovente il filo conduttore della nostra passione che noi chiamiamo amore.
E a volte è veramente una passione, nel senso proprio della sofferenza: orientati dal filo conduttore viscerale finiamo per scovare, tra le folle di umani che incontriamo, chi porta in sé le tracce di qualcosa che ci ha fatto soffrire.
Molte volte, ad esempio, chi non ci vuole, o chi ci vuole poco, ci attrae molto di più di chi ci vuole: inseguiamo qualcuno che fugge e rifuggiamo qualcuno che ci insegue.
Quante catene umane innamorate ritornano sul luogo del rifiuto!
E' questa l'eco della sofferenza che abbiamo conosciuto nell'infanzia, per tutte quelle volte che ci siamo sentiti rifiutati dai nostri genitori.


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Lungo le vie tortuose dell'inconscio ritorniamo alle ferite al cuore che abbiamo ricevuto: e questo non perché vogliamo ritornare a provare il dolore, ma perché inconsciamente abbiamo l'illusione di trasformare la storia passata in una bella favola futura, che ci porti la gioia proprio là dove abbiamo vissuto la prima sofferenza e celebri il trionfo del nostro cuore in una relazione che in parte riproduce quella in cui abbiamo conosciuto la più amara sconfitta.
E' un disperato bisogno di rivincita del bambino che abbiamo in fondo al cuore, che non si vuole arrendere alla storia del suo passato.
Ma la favola bella non si avvera e dal primo momento di grande esaltazione dell'innamoramento si passa al tempo della delusione.
La delusione è figlia dell'illusione inconscia di avere ritrovato finalmente quell'anima gemella che abbiamo già incontrato in fondo ai nostri sogni, capace di darci tutte quelle cose che ci sono mancate.
La verità è che gli altri non ci vengono incontro nell'amore per soddisfare questo nostro programma, ma per vedere realizzato il loro, che molto spesso è solo il loro sogno.
Col nostro bel programma immaginario, che abbiamo elaborato nell'infanzia, andremo incontro a una nuova sconfitta: per bene che ci vada ci potremo incontrare con qualcuno che cercherà da noi un amore realistico e maturo e non potrà aiutarci a realizzare le nostre favole.
La delusione porta molto spesso nel mare del rancore e non di rado le limpide correnti dell'amore si infuriano nel vortice dell'odio, che trascina il rapporto alla deriva della separazione attraverso la guerra.
Altre volte la relazione resta in piedi e si trasforma in rapporto familiare basato più che altro sull'interesse, mentre il piacere viene imbalsamato e i sentimenti, che di solito sono conflittuali, vengono mascherati.
Talvolta invece i programmi infantili sembrano armonizzarsi l'un con l'altro nella vita di coppia, dando luogo a rapporti che sembrano tristi caricature dell'amore tra genitori e figli.
Nel grande circo dell'amore, pieno di applausi e di colori, di abili giocolieri, di malinconici clown, d'instancabili acrobati, finito il gran spettacolo rimangono soltanto poche luci: le perle rare delle coppie che sanno amarsi di un amore reale.
Nel nostro mondo, all'alba del duemila, in molti ancora celebriamo nel rito dell'amore il mito sotterraneo del trionfo sul terreno delle nostre sconfitte dell'infanzia e nel nostro bisogno di rivincita inseguiamo le favole impossibili.
E' questa una catena che tiene insieme le ferite e i sogni e ci tiene legati agli amori impossibili e alle passioni travolgenti e folli, spettacolari ed anche emozionanti, ma tragiche quando così sacrifichiamo gran parte della carica d'amore che abbiamo nella vita. E' la stessa catena che poi nella realtà ci imprigiona alla grigia convivenza, con in cuore la solita canzone di quanto è stato bello il primo amore.


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...e certo prima o poi comprenderai
che dovrai ritornare nel cuore dell'infanzia,
dove è nato il tuo amore...
 
 
L' ITINERARIO DELL' INFANZIA
 
Il viaggio sarà un viaggio nel cuore dell'infanzia.
Di qui non si scappa.
O meglio si scappa eccome: molti viaggi s'interrompono proprio su questo limitare.
Entrare nella culla della vita ci fa paura: paura di soffrire le antiche sofferenze.
Una paura nascosta molto spesso dietro a frasi del tipo: “non ricordo più nulla”, “non vedo a cosa serva ricordare”, “ il passato è passato, viviamoci il presente”.
Senza ritornare nell'infanzia non ci sarà viaggio nel nostro profondo, non ci sarà ricerca delle nostre radici, non ci sarà una piena presa di coscienza, non ci sarà recupero del nostro amore proprio.
Ci sarà, nel migliore dei casi, un itinerario turistico, magari interessante e rilassante: come quelle avventure alla ricerca del proprio potere, gestite dalle molte agenzie di viaggi esotici ai confini dell'io, in cui si vuol vedere tutto e in fretta, e tornati sui banchi della vita si apprende, in breve tempo, che non si è imparato quasi niente.
Non esiste nessuna scorciatoia: il viaggio sarà lungo e faticoso, qualche volta esaltante, a volte deprimente, quando pieno di sole e quando buio e pieno di emozioni d'ogni tipo.Soltanto dal cuore dell'infanzia raccoglieremo la forza perduta dei nostri sentimenti, sacrificando le nostre illusioni e i nostri miti.
Ci vorrà notevole umiltà e disponibilità a lasciare le terre conosciute e spesso amate nel corso della vita, per imparare un nuovo orientamento, con il quale tornare a riprendere in mano il nostro io* grazie a nuova coscienza e padronanza.
 
 
* Utilizzo il termine “io” per indicare l'unità della nostra mente e del nostro corpo.


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…dovrai spogliarti di molte idee
cresciute nel giardino della mente
e ritornare al corpo materiale dell'infanzia…
 
 
IL TERRENO DEL CORPO
 
Ritornare all'infanzia sarà tornare alla terra del corpo, scendendo giù dal trono delle nostre idee.
L'infanzia appena nata è stata sensazioni che non erano ancora governate dal controllo mentale.
Il controllo mentale si è affermato in maniera graduale, sollecitato più o meno urgentemente dall'intervento dei nostri genitori.
Per un tempo iniziale, quantitativamente e qualitativamente differente a seconda dei casi, abbiamo conosciuto l'energia primitiva delle nostre pulsioni più animali e delle sensazioni del nostro corpo.
Una tappa fondamentale del nostro viaggio sarà allentare la morsa delle sovrastrutture mentali, che fanno parte del nostro corredo che noi chiamiamo adulto e che ci orientano in modo assai insoddisfacente nel mondo dell'amore: lasceremo parlare il nostro corpo, fonte di sensazioni e sentimenti.
Sarà un itinerario non semplice e non breve.
Ci abbiamo messo così tanti anni a strutturare tutta la nostra impalcatura mentale, che non possiamo pensare di alleggerirla in poco tempo e con facilità.
Si tratterà innanzi tutto di vederla e riconoscerla, per poi osservarla e cominciare un lavoro paziente: allentare la rete che soffoca le parole del corpo, per rieducarlo ad esprimersi in modo più animale e per riprenderci tutta la ricchezza dei suoi messaggi.
Si tratterà per l'appunto di rianimare il corpo e riprenderci tutto il patrimonio di sensi e sentimenti.

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…e non dimenticare che molti insegnamenti della vita
ti potranno arrivare dall'interno
e li potrai evocare con la meditazione…
 
 
FARE LUCE SUL NOSTRO MONDO INTERNO
 
Durante il viaggio dovremo spesso fermarci a meditare.
Meditare non significa pensare.
Significa mettere in connessione il nostro pensiero con i nostri sentimenti e con i nostri sensi.
Non è cosa facile.
Si tratta di mettere insieme una percezione profonda di noi stessi e della realtà circostante, per trarne una mappa che ci serva da orientamento.
Quello che più spesso invece accade è che mettiamo insieme i nostri strumenti razionali più di superficie con i preconcetti che abbiamo della realtà e ci dirigiamo nel mondo sulla base di mappe buone per tutti e che ci portano tutti nella medesima direzione.
Il viaggio invece è la ricerca della nostra strada individuale, che neppure il maestro più esperto ci potrà indicare.
Dovremo meditare noi stessi la nostra strada, con la pienezza dei nostri sensi, compreso il cosiddetto sesto senso, con la profondità dei sentimenti che si muovono in noi e con l'intelligenza raffinata di questi dati.
E' quindi un insieme di capacità diverse che dovremo sviluppare e in questo sì che ci potrà aiutare un maestro che abbia esperienza di queste capacità.
Con il lavoro corporeo e con l'esercizio continuo della contemplazione svilupperemo la nostra capacità di sentire ed apriremo la strada al nostro sesto senso e ai sentimenti, scavando con pazienza tra le dure difese razionali: quando avremo ripristinato un'adeguata base sensoriale, che ci renda capaci di sentire il nostro corpo e con il nostro corpo, saremo pronti per la meditazione.
Sarà una nuova fase di lavoro: la contemplazione e il lavoro corporeo potranno accogliere i segnali che verranno dal nostro mondo interno sotto forma di sensazioni viscerali, sentimenti, immagini, parole, ricordi, intuizioni ed altri materiali.
Questo però potrà accadere solo quando la nostra sensibilità si sarà rafforzata grazie al nostro continuo lavoro, per evitare il rischio che prevalga il vecchio meccanismo, sempre pronto ad invadere il terreno della nostra esperienza: un corto circuito tra parziali sensazioni, interrotte dalle difese nascoste, e immagini mentali associative che non coinvolgono i nostri sentimenti e non toccano il cuore.
La direzione del nostro viaggio è infatti quella di toccare il cuore, non quella di seguire associazioni apparentemente libere e in realtà manovrate dalle nostre instancabili difese.
Quando sperimenteremo la reale apertura mentale, che nasce sul terreno emozionale e perciò attinge dal nostro inconscio viscerale, l'esperienza sarà così toccante e così nuova, che non potremo confonderla con qualche associazione puramente mentale, per quanto essa possa apparire brillante.
La prima ha la caratteristica della luce del sole che ci scalda, la seconda può assomigliare a un bel gioiello che ci può incantare.

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...meditando entrerai nel tuo corpo,
nelle stanze segrete dove nascondi la tua energia
e aprirai le finestre per fare nuova luce sul tuo io...
 
 
LA MEDITAZIONE SENSORIALE
 
Ci sono vari tipi di meditazione: noi che siamo in cerca del nostro amore perduto nell'infanzia, addormentato nel nostro corpo, dovremo praticare la meditazione sensoriale.
La meditazione sensoriale è un esercizio che richiede di essere sintonizzati con il corpo, che manda segnali vivi e reali ed apre la porta ad immagini e a pensieri che vengono dall'interno.
Non quindi catene di associazioni ipermentali con il corpo spento su qualche poltrona, ma un affiorare di materiale alimentato da una condizione di unità e vivacità del corpo e della mente.
Per questo parte integrante di ogni meditazione sarà un lavoro corporeo centrato sul movimento, l'ampliamento del respiro ed il sintonizzarsi sulle sensazioni.
Il lavoro corporeo potrà essere di vario tipo, potrà coinvolgere il corpo per intero o solo qualche parte, potrà essere più o meno di movimento.
Quello che conta è che ci aiuti a metterci in contatto con il nostro mondo viscerale, che è il terreno della nostra ricchezza mentale e spirituale, e non ci porti per aria a cercare astrazioni: stiamo cercando dati che abbiamo dentro.


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…e, giorno dopo giorno, il passato si sveglierà
e toccherai di nuovo i sentimenti che avevi rifiutato da bambino…
 
 
I SENTIMENTI RIFIUTATI
 
Far diventare grande il nostro cuore è lo scopo del viaggio: grande abbastanza da poter accogliere una persona intera con tutte le sue luci e le sue ombre, grande abbastanza da poterla amare per intero così com'è.
Questo richiederà di fare riaffiorare i nostri sentimenti più profondi, che abbiamo rifiutato e accantonato fin dall'infanzia, quando li abbiamo visti rifiutati dai nostri genitori.
Solo così si apriranno le porte del nostro cuore all'amore reale.
Altrimenti rimarrà in parte chiuso per non sentire il battito dei nostri sentimenti rifiutati e non sarà capace di abbracciare tutta la propria gioia dell'amore.
Allora, col cuore mezzo aperto e mezzo chiuso, saremo dominati da passioni che poco hanno a che fare con l'amore e molto col dolore, la rabbia e la paura e che ci porteranno più a star male che a vivere la gioia.
Siamo esseri umani e come tali siamo più animali di quanto non crediamo: dentro a un comportamento che appare volontario e razionale, c'è molto spesso la spinta più animale del nostro patrimonio viscerale, fatto di sentimenti che vivono nascosti e mascherati e chiedono di uscire dalla gabbia in cui li abbiamo segregati nel corso dell'infanzia.
Sono quei sentimenti che si sono mostrati appena nati, quando si sono mossi e si sono trovati la strada chiusa dai nostri genitori e, giorno dopo giorno, si sono intimiditi di fronte a una chiusura sempre uguale e gradualmente hanno perduto la loro forza di esprimersi come emozioni, che etimologicamente significa movimenti di sentimenti dall'interno verso l'esterno.
E noi bambini, teneri ed ignari dei nostri meccanismi di difesa, abbiamo cominciato a trattenerli e li abbiamo bloccati in un tratto del loro tragitto verso l'esterno.
E lì, come folle di popoli dispersi, sono rimasti fermi ad aspettare il momento opportuno per uscire, oppure sono tornati sulla strada verso l'interno, per nascondersi meglio e trovare più forza insieme agli altri per tentare di nuovo una sortita, mescolati e talvolta mascherati con altri sentimenti che avevano libero accesso alla coscienza.
Sono folle di popoli diversi, che dividono insieme territori che non erano i loro e che mescolano razze differenti, senza trovare un equilibrio nuovo che garantisca insieme vita e pace.
All'inizio erano sentimenti d'amore che cercavano solo il calore, la vicinanza, la tenerezza e si sono trovati invece troppo spesso abbandonati e soli, o in contatto con occhi troppo spenti, con voci troppo dure, con gesti ostili o freddi e, dopo aver provato e riprovato, si sono arresi e son tornati indietro verso le terre più nascoste del nostro corpo, lontano dai confini che ci uniscono agli altri.
Durante questa triste migrazione verso l'interno, si è avuta una trasformazione del popolo d'amore: molte orde ferite hanno imparato a coltivar la rabbia, mentre quelle che avevano incontrato direttamente le minacce più ostili, e a volte folli, quando avevano il semplice bisogno d'incontrare l'amore, sono fuggite negli angoli più bui del nostro territorio personale, dove hanno sede le paure totali e gli odi primordiali.
 



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… aprirai gli occhi sulle scene della tua infanzia
e non avrai paura di vedere chi ti ha legato il cuore…
 
 
IL PECCATO ORIGINALE
 
Nel corso della storia di tutti i nostri amori, c'è un filo che ci lega alla nostra preistoria.
E' un filo aggrovigliato di amore e di dolore, di passione e di rabbia, di vergogna, paura e umiliazione, di voglia di potere e di vendetta.
Nel cuore del groviglio c'è il nodo del peccato originale di nostra madre e di nostro padre, e di tutto il contorno familiare e sociale.
E' un peccato mortale contro l'amore appena nato che vuole nutrimento e calore, contatto e tenerezza, vicinanza continua e protezione, sostegno e approvazione.
E' un peccato compiuto, quasi sempre, nella piena incoscienza e nella presunzione dell'amore, associato alla buona educazione.
E' un peccato davvero originale, che si tramanda per via genitoriale da tempo immemorabile in quasi tutti i luoghi del nostro mondo e cova il male nella nostra cultura e nella nostra moderna società.
E' il peccato, che diventa mortale, di non saper riconoscere e accettare i bisogni umani originari, semplici e chiari, meravigliosi e sani, di qualsiasi bambino appena nato.
E' un peccato iniziato con l'ignoranza pressoché totale della storia della nostra vita prenatale, da parte della misera cultura che accomuna culture assai diverse.
 
Nel nostro viaggio in cerca dell'amore incontreremo nel nostro corpo molte strade interrotte da tempi ormai lontani, che aspettano di essere riaperte e rimesse in funzione per la circolazione di tutti i sentimenti, per ritrovare il flusso naturale di tutta l'energia vitale, che ha nel cuore un centro cardinale di tutto il movimento.
Per ripristinare il nostro movimento originario verso l'amore, dovremo riconoscere i sentimenti che avevamo negato e liberarli dal giogo che li ha tenuti oppressi, dovremo ritornare sui sentieri del cuore per trovare di nuovo i contatti perduti tra i sensi e i sentimenti e per raccogliere e rendere coscienti i nostri movimenti emozionali sperduti nell'inconscio.
E giorno dopo giorno, ritornando bambino, crescerà il nostro cuore e si farà più grande per l'amore.

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…toccherai con mano la prigione dell'io
e sentirai nel corpo le catene dei tuoi comportamenti
che credevi esser liberi…
 
 
LA GRANDE MADRE E IL GRANDE PADRE
 
E cammina...cammina...torneranno i ricordi dell'infanzia, verranno a galla insieme ai sentimenti, rivivremo le scene che hanno fatto da matrice al nostro carattere.
Protagonisti accanto a noi bambini, rivedremo la grande madre e il grande padre: giganti buoni, giganti cattivi, condottieri dei nostri sentimenti, ponti levatoi verso l'ignoto, cavalieri splendenti senza macchia le cui gesta ci furono d'esempio, regina e re del regno dell'infanzia, le cui grida eran legge per noi sudditi pieni di stupore.
Nel viaggio incontreremo diversi personaggi della storia dei primi anni della nostra vita e ad ognuno di loro chiederemo di renderci qualcosa che gli abbiamo lasciato, ma per riprenderci intero il nostro io spezzato dovremo ritornare al castello fatato dove è nata la storia che sembrava una favola.
Rivedere la favola significa riprenderci la storia.
Nel viaggio rivedere ha un doppio senso: vedere di nuovo e vedere con occhi nuovi.
In entrambi i sensi ci faranno da guida i sentimenti.
Sarà il loro fluire, e non gli sforzi della mente, ad aprirci le porte del castello.
Nel viaggio rivedere è risentire: tornare dove abbiamo bloccato l'emozione, dove abbiamo lasciato una parte di noi e liberare tutto il sentimento e con esso riprenderci una parte della forza del nostro io.
Il viaggio è un riprendersi le forze primitive, perdute da qualche parte della nostra storia, in qualche parte del nostro corpo, dietro a qualche parte che sempre uguale giochiamo nella vita.
E se avremo un maestro che ci saprà aiutare a entrare nel dolore e a piangerlo di cuore e per intero, prenderemo la forza e la coscienza nascoste insieme alle nostre ferite in qualche stanza buia dell'infanzia e ridaremo fiato al nostro corpo e tutta l'energia che avremo liberata dal compito di fare la guardia corazzata alle ombre del castello.
E se avremo un maestro che ci saprà aiutare a entrare nella rabbia, nel suo movimento e nel suo grido e nelle nostre parole di veleno, troveremo l'antidoto efficace che ridona calore e morbidezza alle parti indurite del nostro cuore, dei nostri nervi e delle nostre membra, che torneranno al gioco della vita e dell'amore.
E se avremo un maestro che ci saprà aiutare a entrare dentro alle nostre paure, insediate nel corpo e spesso mascherate, e a attraversarle insieme con le tappe del nostro cammino, allenteremo il coro dei fantasmi che mangiano ogni giorno insieme a noi i frutti della vita.
Il dolore, la rabbia e la paura sono i fili sicuri e forti che ci portano al cuore, attraversando la rete delle mille apparenze di difesa con cui abbiamo cercato d'irretire l'amore, l'attenzione, l'accettazione dei nostri genitori.
E dentro a questa rete siam finiti noi stessi, si è impigliata la forza del nostro amore e della nostra vita.
Sciogliere i nostri nodi è il nostro viaggio, finché l'amore possa passare.
E con esso la vita, che non è vita senza amore.
 



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…e tornerà la gioia nella tua favola…

 

 

IL BAMBINO CHE NON SAPEVA RIDERE

 

Ioao era un bambino molto intelligente, forse il più intelligente del villaggio.

Sapeva fare tutto quello che può fare un bambino di sei anni e in più era capace di cose che altri non si sognavano nemmeno, come parlare nella lingua dei gabbiani o svegliare la voce del mare addormentata nelle conchiglie.

Una sola cosa non sapeva fare: ridere.

Il medico del villaggio aveva capito ben presto che non c'erano medicine adatte per lui.

Un giorno chiamò Ioao e gli disse:

“Senza ridere vivrai solo la metà della tua vita, ti accontenti?”

“No - rispose Ioao - la voglio vivere tutta.”

“ Allora fa come ti dico, - disse il vecchio medico prendendogli la mano - parti al levar del sole e cammina sempre verso oriente: non ti fermare mai fino a quando non avrai imparato a ridere.”

Ioao così fece, camminò per giorni, mesi, anni e divenne uomo.

La fama della sua intelligenza si era diffusa per tutte le terre che aveva attraversato, ma egli era sempre incapace di ridere.

Ormai vecchio e saggio, un giorno guardandosi allo specchio, disse a se stesso:

“E' tempo di tornare al villaggio dal vecchio medico e di dirgli che la sua ricetta non funziona.”

Si rimise in cammino al calar del sole e camminò sempre verso occidente per molti anni.

Dove passava rivedeva le terre e le genti che aveva incontrato nella sua vita e tutti lo benedicevano e lo ringraziavano per i suoi consigli che si erano rivelati preziosi.

Alla fine giunse al suo villaggio in riva al mare e dopo aver salutato i gabbiani ed ascoltato le conchiglie si recò alla casa del vecchio medico.

Aprì una vecchia tutta bianca nei capelli e nel vestito e gli disse che il dottore era morto ormai da tanto tempo, ma che aveva lasciato una lettera per lui.

Ioao aprì la lettera e vide scritte con un inchiostro verde queste parole:

“Se non hai ancora imparato a ridere vuol dire che sei un citrullo e dovrai ripetere tutto da capo.”

“Non è possibile! - esclamò Ioao e scoppiò in una grande risata che sembrava non finire mai.

Rise per un giorno intero senza mai fermarsi e alla fine si ritrovò bambino.

“Ioao, Ioao!”- sussurrano ancor oggi le conchiglie ridendo in riva al mare.

“Ioao, Ioao!”- ridono i gabbiani quando nasce il sole e si specchiano volando sull'acqua.

E la voce di Ioao risponde da oriente e da occidente, nascosta nelle risate di tutti i bambini che hanno voglia di ridere.

 


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…e ti riprenderai tutta la primitiva capacità di ridere,

che per il cuore è una cosa molto seria…

 

 

LA FORZA RICREATIVA DEL RIDERE

 

C'è una verità profonda nella favola di Ioao: il ridere ci fa tornare bambini,

ci toglie di dosso per qualche momento i pesi della nostra età adulta, ci fa sentire nuovi e pieni di vita.

In effetti questa non è un'illusione: il ridere è una specie di scuotimento interno che smuove gran parte del nostro corpo, allentandone le tensioni, anche le più profonde.

E' come se un magico massaggio interno sciogliesse queste tensioni ridandoci freschezza e vitalità: alla fine ci ritroviamo con il respiro più aperto, con il corpo più rilassato e pieno di calore e con un senso di benessere fisico che ci danno l'idea di come il ridere sia un potente meccanismo spontaneo di rivitalizzazione e di rinnovamento del corpo.

Ci sono pochi altri momenti simili nella storia del nostro organismo.

Naturalmente stiamo parlando di quella risata piena e sonora che esce spontanea come una cascata d'acqua fresca di montagna, quella risata di gusto, fino alle lacrime, che chiamiamo il ridere a crepapelle.

Non sempre ci concediamo la libertà di una risata del genere e spesso ci limitiamo a sorridere, a ridacchiare senza far troppo rumore, senza spalancare troppo la bocca, spesso a denti stretti, magari ironicamente.

Quando la risata è piena e sonora succede un piccolo miracolo nel nostro corpo: i muscoli che di solito sono tesi si rilassano.

Primo fra tutti il diaframma che è il muscolo principe della respirazione: si tratta di un muscolo di grande importanza, perché più esso è rilassato più ci è facile far entrare e far uscire pienamente e liberamente l'aria mentre respiriamo.

Altri muscoli molto importanti per la respirazione, che si rilassano quando ridiamo, sono quelli della pancia, quelli intercostali del torace e quelli della gola.

Il ridere ci aiuta dunque a riprendere il respiro in modo più aperto e più pieno e, poiché la respirazione è il motore primo della vita del nostro organismo, dopo una risata di gusto ci sentiamo più vitali e pieni di calore, come rinnovati e ringiovaniti.

Ridere è infatti come ripulire l'organismo dalle tensioni accumulate: si può certamente vivere senza ridere, ma si vive solo a metà, perché il nostro corpo si muove solo a metà quando le tensioni lo tengono legato e a metà finisce per funzionare anche la nostra intelligenza.

E' vera infatti la frase dei nostri antenati: “mens sana in corpore sano”, cioè la mente è sana in un corpo sano; così come è vero del resto che il corpo è più sano se la mente è di buon umore.

Anche la scienza ufficiale sta scoprendo l'efficacia salutare del ridere.

Ridere fa bene alla salute e aiuta a guarire l'organismo malato, perché quando ridiamo di gusto e come se ridessero dentro di noi tutte le nostre cellule che ritornano così a nuova vita: una buona risata è una preziosa medicina, e non ha effetti collaterali o controindicazioni e ciò del resto conferma il vecchio detto popolare che il riso fa buon sangue.

 



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…e dovrai riconoscere i tuoi sogni ed abbracciarli

ad uno ad uno con grande tenerezza, prima di salutarli:

l'amore che tu cerchi non è un sogno…

 

 

IL CASTELLO DEI SOGNI

 

Il viaggio arriverà prima o poi al castello incantato di tutti i nostri sogni.

Ci sono mille stanze, mille ritratti appesi, mille porte che portano a un ricordo.

E in quegli spazi tra immagini e ricordi vivono i nostri sogni, in compagnia delle nostre illusioni.

I più grandi tra loro sono i miti, che dettano le leggi su cui si muove ignara gran parte della vita.

Ritornare in quel luogo che abbiamo piano piano costruito fin da bambini, ogni volta che ci rinchiudevamo dopo qualche ferita a immaginare differenti realtà, ad inventare storie a lieto fine, sarà come tornare nella parte più tenera del cuore, sarà come abbracciare vecchi amici che ci hanno aiutato ad attraversare le nostre sofferenze, guardarli in fondo agli occhi e ringraziarli prima di salutarli.

Sarà un ringraziamento e un sacrificio.

“Siamo tornati dopo lunga strada, per incontrare ancora ogni nostra ferita e risentirne la pena con il cuore che dentro ci è cresciuto.

Vogliamo che di nuovo il nostro cuore si riprenda la forza di sentire che aveva abbandonato, quando piccolo, solo e senza aiuto era fuggito via.

Vogliamo riabbracciare tutta la nostra storia per intero, per reintegrare tutti i sentimenti e tutte le energie del nostro corpo e dare al nostro cuore tutta la sua grandezza naturale.

Vogliamo attraversare le terre di nessuno, per inchinarci infine a baciare di nuovo la nostra terra e coltivare un amore reale.

Veniamo da lontano e ci fermiamo ancora in mezzo a voi il tempo necessario per guardarvi negli occhi e ringraziarvi: e poi sarà l'addio.”

 


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…sarà solo l'inizio del cammino

per potere riprendere la forza nascosta nei tuoi sogni,

che altro poi non è che quella originaria

dei sentimenti del tuo cuore bambino…

 

 

TORNARE ALL' INCANTESIMO DEI SOGNI

 

Per uscire dai sogni dovremo ritornare ad abbracciarli e accarezzarli con tutta la pienezza del nostro io.

Come spesso succede nella vita dovremo entrare per poter uscire.

Ci vorrà tutto il tempo necessario ad entrare davvero e tutto quello necessario a salutarli quando sarà il momento.

E non sarà di certo un tempo di poco conto: conteremo più giorni di quanti credevamo fossero necessari, ma questo sarà il peso del passato in cui abbiamo sognato e del futuro che abbiamo sognato.

I sogni si mangiano il presente e incantano la mente.

Per riprenderci tutto per intero il presente reale, dovremo ritornare all'incantesimo che i nostri sogni hanno fatto per noi, quando hanno abbracciato e accarezzato tutto il dolore, la rabbia, la paura, tutta la solitudine e tutte le ferite del nostro cuore, nel più grande miracolo di amore per noi stessi della tenera infanzia.

Elementi primi di questo miracolo sono state le nostre sensazioni: quelle che ci venivano dalla realtà che ci viveva intorno e quelle che sentivamo muoversi e pulsare nel nostro corpo.

Tutte le volte che ci siamo consolati fermandoci a sentire e ci siamo incantati nel piacere, abbiamo costruito con i nostri pensieri uno scenario diverso da quello reale familiare, che ha fatto parte di quell'incantesimo.

Oggi che siamo in viaggio per ritrovare il piacere reale, possiamo lavorare con la contemplazione e la meditazione sensoriale e, giorno dopo giorno, ritornare all'incanto reale lasciando l'incantesimo dei sogni.

 



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…imparerai a non innamorarti dei perché,

non è stando di punta per scovarli che ti avvicini al cuore:

rimani nel profondo dei tuoi sensi e dei tuoi sentimenti,

vedrai che i tuoi perché ti seguiranno…

 

 

IL LAVORIO MENTALE INUTILE

 

Ci capita talvolta di alzarci una mattina con un senso di vaga depressione, senza saper perché.

Ripensiamo magari al giorno prima e non ci viene in mente nulla che ci aiuti: sarà stato forse un sogno, oppure il tempo che sta cambiando, o forse solo un poco di stanchezza.

A volte la prendiamo così e allora la smettiamo di cercare, a volte invece ci fissiamo nel volere capire a tutti i costi e ci spremiamo il cervello per tutta la giornata.

I motivi dei nostri stati d'animo emergono più spesso quando non li cerchiamo, come se avessero bisogno, per potere venire in superficie, delle acque calme di una mente tranquilla e non della tempesta dei perché.

Ci capita altre volte, mentre guardiamo un film, di restarne colpiti profondamente, ci viene da piangere o ci prende l'angoscia o qualche altra emozione: spesso però non ne sappiamo dare una spiegazione convincente.

Lo stesso ci succede di fronte a uno spettacolo del mondo naturale, ad un'opera d'arte o magari soltanto a una canzone.

Anche le simpatie per le persone non ci risultano sempre tanto chiare, soprattutto di fronte a qualcuno che ci mette alle strette coi perché.

Per non parlare dell'innamoramento!

In tutti questi casi, molte volte, le risposte verranno a galla col passare del tempo.

Il perché è quindi in molti casi la domanda senz'altro più difficile, che ci mette alle strette e non ci aiuta a trovare una risposta.

Se ad esempio qualcuno ci domanda “perché” ci piace tanto una persona, ci sembra che ci chieda una risposta chiara, che sintetizzi i motivi più importanti per cui ci piace: allora ci mettiamo a concentrarci razionalmente per cercare i motivi principali e molto spesso restiamo semiparalizzati e finiamo per non saper rispondere, oppure rispondiamo “perché sì”.

Sulle questioni che riguardano i nostri sentimenti, il perché è una domanda impegnativa, molto meglio sentirsi domandare “cosa” ci piace di una persona: allora ci è possibile elencare tutto ciò che ci piace, senza la preoccupazione di iniziare da quel che è più importante.

Un'altra domanda che ci rende più facile rispondere può essere ad esempio: “quando ti sei accorto che ti piaceva?”

In questo modo possiamo ricordare molte cose aggirando lo scoglio dei perché.

Attraversando la tranquillità con cui possiamo rispondere a domande più facili, verranno a galla con i loro tempi anche i nostri perché.

Purtroppo abbiamo spesso l'abitudine di tormentare noi stessi e gli altri con continui perché.

 


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…dovrai fare davvero un gran lavoro: la tua falsa coscienza

non si stancherà mai di richiamarti all'ordine

mentale, per non farti cadere nel buio viscerale…

 

 

LA MALEDUCAZIONE RAZIONALE

 

L'ansia di dare subito una risposta chiara e razionale alle vicende della nostra vita, ci viene in buona parte dalla nostra cultura.

E' vero che capire le cose razionalmente e spiegarne il perché caratterizza l'intelligenza umana rispetto a quella degli altri animali, ma è vero anche che gli umani possono contare su vari tipi d'intelligenza.

Oltre a mettere a fuoco attraverso ragionamenti logici le cause e le conseguenze dei fenomeni, siamo in grado attraverso l'intuizione e le immagini mentali involontarie di metterci in contatto con altri aspetti della realtà, mentre col senso pratico e motorio siamo capaci di fare con il corpo cose che ormai ci sembrano normali, ma che in realtà sono meravigliose.

Afferrare il perché di un nostro comportamento, cogliere il sentimento che ha nei nostri confronti una persona, smontare e rimontare un meccanismo, andare in bicicletta, sono tutte espressioni d'intelligenza.

Questi diversi tipi d'intelligenza sono anche comandati da parti differenti del nostro sistema cerebrale: in generale l'emisfero destro controlla la nostra capacità intuitiva e creativa, mentre quello sinistro è sede dell'intelligenza razionale.

E` doveroso dare pari importanza a questi vari tipi d'intelligenza.

Essere razionali è dunque una qualità che non deve sottrarre lo spazio alla creatività, alla praticità e alla fisicità.

Nella nostra cultura dominante si privilegia di regola la razionalità con sacrificio delle altre qualità.

Di norma i genitori tempestano i propri figli di perché fin in tenera età ed ancora più occhiute e martellanti tutte le schiere di educatori marciano pressoché compatte sullo stesso binario.

Studenti con la testa che assomiglia a un computer, privi di senso pratico, che hanno perduto ogni creatività ed hanno il corpo mezzo addormentato, figurano talvolta tra i migliori nelle superscuole occidentali.

E il risultato purtroppo è sotto i nostri occhi, anche se spesso non lo si vuol vedere.

Per accedere alla parte più profonda della propria realtà e sviluppare una parte più ampia del proprio potenziale d'intelligenza, i bambini ed i giovani si trovano costretti a trasgredire le regole dei grandi e a lavorare contro e di nascosto, per non essere schiacciati ed appiattiti da quel grigio meccanismo che troppo spesso è la scuola e che, gira e rigira, stritola tutto dentro agli ingranaggi di ossessivi e opinabili perché.

 




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LA MATRICE SIMBIOTICA

 

 

 

…nel cuore è addormentato l'amore elementare

della tua prima infanzia e sogna il corpo di tua madre,

il seno, il volto, le immagini di lei, elementi primi

di ogni tua sensazione e sentimento:

sentire ancora tutto il tuo legame, attraversare

tutti i sentimenti, guardare in fondo agli occhi

le immagini di lei: di qui dovrà passare la tua strada…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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IL LEGAME ANIMALE CON LA MADRE

 

 

Noi che stiamo viaggiando in cerca dell'amore, perduto lungo i sentieri della vita, incontreremo prima o poi le tracce del nostro primo amore: quello per nostra madre.

Un amore diverso per ognuno, ma sempre il primo amore della vita: per le femmine rosa e i maschi azzurri, per i figli voluti e quelli capitati, per i tanti fratelli e i figli unici, per i figli di mamma innamorata e per quelli di donna abbandonata e per tutti i bambini che son nati sotto il cielo infinito dei destini.

Un amore totale, un amore animale nel senso materiale e spirituale della parola, un amore che è nato nella pancia ed è cresciuto sempre nella pancia per tutti i giorni della gravidanza, per poi vivere ancora nella pancia delle nostre emozioni viscerali.

Un legame che è nato col battito abbracciato dei due cuori, con il ritmo di un unico respiro, con lo stesso calore e nutrimento, dentro al contatto ed alla vicinanza più grandi e più profondi che mai sia dato avere nella vita.

Un amore che abbiamo perduto: per tutti prima o poi è finito l'amore primitivo che ha unito anima e corpo il nostro io bambino a nostra madre.

Con il primo distacco, che la nostra cultura del tutto impropriamente chiama nascita, ma che è invece soltanto un venire alla luce e una separazione, qualcosa del legame primitivo va perduto.

Tutti abbiamo perduto quell'antico calore, quella pulsazione che ha accompagnato il crescere delle nostre prime sensazioni, quel morbido piacere di essere tenuti e dondolati dentro a un liquido caldo che ci comunicava, come una membrana protettiva, la voce della madre e del suo mondo.

 


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IL CONTATTO FISICO MATERNO

 

 

Ed è per questo che per un neonato grandissimo è il bisogno di essere preso in braccio, di sentire il contatto ed il calore del corpo della madre, che gli manda le stesse vibrazioni, anche se in forma nuova, già conosciute nel tempo della gravidanza.

Ed è sempre per questo che l'esperienza dell'allattamento al seno garantisce quel doppio nutrimento di cibo e sicurezza, che fa crescere forte ogni bambino.

Ed è per questo ancora che fin dal primo giorno ogni bambino ha bisogno di grande vicinanza, in quelle situazioni in cui non è possibile il contatto, in particolar modo nella notte, quando si perde il volto della madre e quando se ne va il calore ed il colore della luce del sole ed i rumori diventano più bui.

I modi e le misure con cui questi bisogni sono stati trattati, in maniera più o meno consapevole, da nostra madre e le nostre reazioni ripetute a questo trattamento, che chiamiamo difese, hanno dato il loro contributo fondamentale alla strutturazione della nostra matrice caratteriale.

Essa ha fornito la traccia ai nostri movimenti nei rapporti affettivi e nelle relazioni sentimentali.

Quanto più quei bisogni saranno stati soddisfatti durante la prima fase dell'infanzia, tanto meno saremo bisognosi nei rapporti affettivi: ci muoveremo con più sicurezza e con semplicità verso il mondo degli altri in cerca del piacere, senza aspettare che ci venga dall'alto, come un bambino fa con la sua mamma, e vivremo l'amore come un incontro attivo ed alla pari di esseri diversi, guidati dallo stesso desiderio di compenetrazione, e non come l'attesa dell'avvento di una fata turchina o di un principe azzurro con il loro corteo di sogni e d'illusioni cresciuti nell'infanzia.

 


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LA MATRICE ORALE

 

 

…il tuo piccolo amore appena nato ha incontrato,

con la fame animale della vita, la Grande Madre dea del nutrimento

e si è legato al piacere e al dispiacere di questa primitiva comunione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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 L' ALLATTAMENTO AL SENO

 

Parte integrante della stessa matrice è l'esperienza dell'allattamento e in generale del nutrimento che abbiamo avuto da nostra madre.

La fame è un bisogno totale che ci prende da dentro e ci tiene legati al desiderio di nutrimento.

Il nutrimento ci dà la vita, come la madre.

Ed è la madre la fonte primitiva del nostro nutrimento, che rinnova la vita giorno dopo giorno, più volte al giorno, dai tempi del cordone ombelicale a quelli dell'allattamento e poi ancora dentro alle giornate di tutti gli anni della nostra infanzia e ancora, con diversa presenza, lungo il percorso dell'adolescenza e spesso ancora, e ancora molte volte, dentro all'età matura.

La madre è dunque il mare che ci rinnova l'onda dell'energia vitale attraverso il contatto e il nutrimento.

All'alba della nostra nuova vita l'allattamento al seno ci dà insieme il contatto e il nutrimento, nel miracolo semplice e grandioso dell'energia materna.

Se un buon giorno si vede dal mattino, un buon allattamento farà splendere il sole della vita.

Quanto più l'energia di nostra madre sarà stata carica d'amore nell'allattarci, tanto più sarà alta la stella dell'amore sull'orizzonte della nostra vita.

 


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LA MIOPIA NUTRIZIONALE

 

 

Sembrano tramontati i tempi bui della nostra incredibile cultura, legata al carro dei gruppi dominanti, quando dal baraccone delle scienze di moda veniva un gran vociare, coi megafoni a tutto potenziale e i trucchi quotidiani ad alto gradimento dei mass media, per indurre le madri a preferire i latti artificiali per la crescita sana ed ottimale dei loro nati.

Oggi la forza della verità è ritornata a galla e riceve gli onori della scienza: niente è più ricco e sano del latte della madre per far crescere bene ogni bambino.

Ma il nutrimento di calore, di forza, di sicurezza che un bambino riceve dal seno della madre, tanto maggiore quanto è maggiore in lei la sicurezza, la forza ed il calore, ancor oggi rimane trascurato dai vertici ufficiali della nostra cultura.

I tempi attuali sono ancora oscuri perché sia fatta luce sul legame profondo tra l'esperienza dell'allattamento e il nostro modo di vivere l'amore nell'età adulta.

 


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LA MATRICE ALIMENTARE

 

 

Vale la pena allora che le madri siano aiutate a guardare con occhi aperti e nuovi al proprio rapporto con il cibo, a cominciare dalla gravidanza, come matrice del futuro rapporto dei propri figli con il nutrimento e che siano aiutate ad avere attenzione agli alimenti naturali, alla calma, all'agio ed al respiro dell'alimentazione, alla misura della quantità e della qualità, e a tradurre questo atteggiamento nel compito più alto che esista in questa vita: quello di dare nutrimento alla vita.

Di questo ruolo sacro, familiare e sociale, l'allattamento al seno è una pietra preziosa fondamentale.

La cultura ufficiale è per lo più capace di vederne e mostrarne soprattutto gli aspetti nutrizionali e trascura od ignora tutto il grande potere e potenziale del seno della madre.

Per questa via si arriva nuovamente a quel vicolo stretto e in fondo cieco che abbiamo già incontrato e che consiste nell'accelerazione artificiale dei tempi naturali del processo di crescita infantile.

Con l'ottica ridotta e spesso anche distorta dell'evoluzione nutrizionale, si pratica di norma lo svezzamento dopo pochi mesi, interrompendo in modo traumatico ed unilaterale tutto il flusso di grande nutrimento psicosomatico di cui è capace l'allattamento al seno.

Il bambino si trova a separarsi da questo ben di dio (che è il bene della mamma) all'improvviso e in tempi non maturi.

 


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LA MATRICE ANALE

 

 

…il tuo amore bambino si è legato alla catena delle vecchie regole

che chiudevano il cuore della grande dea Madre e del dio Padre

e più o meno ha sacrificato la naturalità dei propri movimenti viscerali…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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LA CACCA E LA PIPI '

 

 

Fa parte di questa catena d'inciviltà anche la precoce educazione al controllo delle feci e dell'urina che viene imposta alla massa dei bambini.

Un bambino non è in grado di controllare pienamente i suoi sfinteri prima che sia arrivato il suo momento.

Chiedergli un controllo prematuro, il che di solito avviene col rimprovero e con l'umiliazione, significa bloccarlo in uno stato di conflitto e tensione.

E' una tensione anche muscolare, dato che per cercare di controllare urina e feci dovrà stringere i glutei e tendere le gambe, con risultati all'inizio spesso incerti e con lo smacco dell'umiliazione dopo uno sforzo grande: poi alla fine imparerà, ma a costo di una tensione psicosomatica che si strutturerà nel suo organismo e si verrà ad aggiungere a quella precedente, rafforzando la camicia di forza in cui si muoverà la sua spontaneità.

Il bambino ha bisogno di trovare il ritmo naturale della propria funzione intestinale e di conoscerla attraverso un'esperienza serena: con la freschezza e la curiosità dei primi tempi della sua vita egli sente il contatto col proprio corpo e le sue secrezioni come un insieme di sensazioni tra le quali è presente anche il piacere.

L'urina e le feci sono nostre creazioni e per il sentimento di un bambino son cose belle e buone che escono da dentro con una sensazione di piacere, di liberazione e leggerezza, con odori, forme e colori curiosi e variegati, in seguito all'impegno psicocorporeo di una propria forza che viene dal profondo della pancia, quando è giunto il momento.

Vedere nell'espressione della madre i sentimenti dell'accettazione o del rifiuto lascerà impronte importanti e diverse nel cuore del bambino.

Le implicazioni psicosomatiche della funzione intestinale sono infatti molte e riguardano la dignità, la sensazione del proprio valore, la forza della propria volontà, la libertà dell'organismo (nel senso di corpo e mente), la sua leggerezza ed elasticità.

 


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L' OSSESSIONE DEL VASINO

 

 

Nella nostra cultura frettolosa, l'educazione al controllo degli sfinteri, in special modo di quello anale, avviene quasi sempre nell'assoluta mancanza di rispetto dei tempi del bambino, per cui madri ossessive rigide e occhiute (tenere vittime quand'erano bambine) costringono i propri piccoli al vasino in tempi prematuri.

Spesso poi estendono il loro interventismo anche alla prescrizione quotidiana del momento opportuno della giornata in cui ripetere il rito del vasino.

Considerando quanta gente si aggrappa ai lassativi, chimici o naturali, possiamo argomentare quanto questo sistema di educare i bambini a liberare il corpo sia inversamente produttivo per la grande industria farmaceutica e l'organismo umano.

A questo poi si aggiunge che è ancora purtroppo assai diffusa la fobia delle feci e dell'urina, eco di tempi in cui le condizioni igieniche sociali erano tali da rendere molto minacciose le secrezioni umane.

Molte persone hanno un'eccessiva riluttanza al contatto con le proprie feci e con la propria urina e trasmettono questa ripugnanza ai propri figli, mascherando con problemi d'igiene un rifiuto profondo del proprio corpo, acquisito durante i tempi bui di un'infanzia inquinata dagli stessi rifiuti e pregiudizi.

E i poveri bambini, che avrebbero un rapporto tranquillo e rilassato con la propria pipì e con la propria cacca, si ritrovano invece la testa piena zeppa di parole, di toni e di espressioni che parlano di schifo, di cose sporche e di vergogna.

Se la loro volontà che ricerca il piacere e la curiosità rivolta alle nuove sensazioni resistono con forza e con orgoglio, finiscono per essere umiliati con continui rimproveri che ripetono in modo ossessionante le solite espressioni, come “che schifo”, “guarda come sei sporco”, “maialino” ed altre di questo tipo, che alla lunga vanno ad intaccare il senso della loro dignità e lasciano onde nere di rabbia e di vergogna sul piano psicologico.

 


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LA MATRICE SESSUALE

 

 

…e il tuo tenero amore si è trovato dentro alla grande gioia genitale

sotto gli occhi stupiti della dea Madre e del dio Padre

e per il loro amore più o meno l'ha sacrificata

all'altare dei loro sacri riti…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


91

 

 

 

LE PRIME SENSAZIONI GENITALI

 

 

Della stessa matrice fanno parte, naturalmente, tutte le varie esperienze incontrate sulla via accidentata dello sviluppo psicosessuale ed in particolare durante quella fase comunemente detta genitale.

Esse purtroppo risultano di solito inquinate da un peso negativo, che è il risultato dell'influenza negativa della nostra cultura in materia sessuale.

Le sensazioni genitali affiorano gradualmente già nei primi mesi: sono sensazioni di presenza energetica e di piacere che inducono il bambino o la bambina ad un contatto semplice ed ingenuo coi propri genitali.

Seguendo il proprio corso naturale, queste sensazioni crescono insieme ai nostri figli: la nuova energia psicocorporea li porta, con la forza dell'istinto, a giocare coi propri genitali e in genere a mostrarci questa nuova scoperta.

Questa esperienza, carica di gioia e di entusiasmo, ci trova solitamente impreparati e non di rado le nostre reazioni inducono i bambini a fare i loro giochi di nascosto, ma più che altro spesso a vergognarsi, con una ricaduta negativa sull'amor proprio di tipo sessuale.

 


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LA PAURA DEI GENITALI INFANTILI

 

 

Male educati come siamo, vediamo troppo spesso il male nei movimenti sessuali dei nostri bambini, anche se a volte solo inconsciamente.

In genere ci teniamo lontani dall'area genitale dei nostri figli, e questo fin dai tempi del pannolino, quando il contatto, i giochi e le parole evitano con grande cura i genitali, come fossero parti con cui si deve entrare in rapporto in modo sbrigativo solo quando è il momento di fare pulizia, con un messaggio sotterraneo ma purtroppo efficace che dice: queste sono parti sporche.

In molti casi poi è ancora assai diffusa la pratica d'impedire al bambino o alla bambina di toccarsi le zone genitali, sia intervenendo direttamente, con parole di dissuasione, sia nella forma più indiretta ma non meno pesante di far finta di niente e non guardare o scappare con gli occhi terrorizzati come davanti al diavolo.

Così facendo inconsapevolmente diamo un messaggio negativo collegato alle prime sensazioni, ai primi sentimenti e ai primi movimenti sessuali dei nostri figli.

Il risultato sarà che le sensazioni genitali cominceranno ad essere inquinate dal senso di colpa, i movimenti cominceranno a rallentare o a ritornare indietro e in qualche caso poi si bloccheranno e i sentimenti di natura sessuale s'intrecceranno a quelli di dolore, di rabbia e di paura.

 


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LA PROTEZIONE DELLA SESSUALITA' INFANTILE

 

 

La nuova educazione dovrà proteggere la crescita sessuale dei bambini, facendo in modo che essi non vengano in contatto con la sessualità tra i genitori, nel senso stretto dell'attività sessuale.

Quando i nostri figli viaggeranno di notte tra lettino e lettone, dovremo vigilare e ricordare che essi ci possono sentire anche nel sonno e si possono anche fingere addormentati per soddisfare la loro straordinaria ed insaziabile curiosità, che è un bisogno normale ed anche molto sano di espandere la loro intelligenza.

La percezione dei propri genitori che fanno l'amore è un esperienza spesso traumatizzante per un bambino, soprattutto per la sensazione di totale esclusione.

La sessualità tra i genitori rappresenta il momento di maggiore esclusione per un bambino.

Anche nei casi in cui è presente la perla rara di una reale comunanza e circolarità di contatto affettivo, di fronte all'espressione viscerale dell'amore di coppia si chiudono le porte.

Così è la vita.

La sensazione dell'esclusione dal rapporto d'amore tra i genitori viene avvertita da ogni bambino, in maniera più o meno lacerante in relazione alle altre esperienze di esclusione che egli ha avuto nella sua breve vita.

In ogni caso si tratta di un sentimento di dolore e di rabbia, ma che ha un peso tanto minore quanto maggiore è l'affettuosità che circola in famiglia alla luce del sole.

Per questo il nostro compito, per altro assai piacevole, sarà di fare circolare il più possibile i baci, le carezze e le parole affettuose in tutta la famiglia.

Dovremo poi tenere aperto il dialogo sulla sessualità coi nostri figli, restando disponibili alle loro domande, ma senza dare risposte non richieste, tenendo la porta aperta al loro bisogno di comunicare, ma senza invadere la loro coscienza e rispettando i loro modi e tempi.

 


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LA SOLITUDINE SESSUALE DEI BAMBINI

 

 

Purtroppo la cultura dominante va ancora troppo spesso in direzione opposta: con un dialogo quasi inesistente lasciamo spesso soli i nostri figli con i loro pensieri sulla sessualità, lasciamo che si facciano tutte le loro fantasie sull'esclusione e che siano pervasi dai loro sentimenti.

La notte è lo scenario nel quale più frequentemente ha luogo il dramma dell'esclusione.

Così nel cuore dei bambini, lasciati alla deriva del mare della loro solitudine, si intreccia alla paura della notte tutto un fosco corteo di sensazioni, sentimenti, immagini mentali e simbolizzazioni sulla propria esclusione dal rapporto corporeo tra i genitori: prendono così forma nuovi elementi, che entrano a far parte del bagaglio dei dati psicocorporei, con i quali si viene strutturando la matrice di base per l'amore.

Alla luce del giorno sembra invece ancora diffusa tra le coppie l'abitudine assurda di evitare l'espressione dell'affettuosità davanti ai propri figli.

Questa è la nostra buona educazione: maldestra e grossolana quando si tratta di sentimenti e di sessualità, essa tiene diritta la barra del timone in una direzione che alterna il fare finta ed il minimizzare.

Per questa via è diventata massima, per non dire totale, la finzione di tutti e nella confusione tra fantasie e realtà si sono perse l'autenticità e la semplicità della nostra espressione sessuale.

In questo labirinto di menzogne il desiderio sessuale infantile si deve mascherare dentro a un mondo d'immagini e di simboli, tratti dal patrimonio esperienziale della sua storia e da quel variegato repertorio che gli offre la nostra generosa civiltà, che in materia sessuale ha toccato le punte più sublimi della propria bassezza culturale.

 


103

 

Ogni bambino crescendo incontrerà fiumane di allusioni alla realtà sessuale, distorte, ambigue, false e fuorvianti: nel mare sporco della pubblicità, nella quotidianità televisiva di ogni marca, nell'iconografia realistica e simbolica della carta stampata, nei supermercati delle immagini, nei diversi spettacoli standardizzati della cultura e in quelli involontari della vita.

E poi parole, fiumi di parole di grandi educatori e sermoni fasulli di santoni di ogni credo, un brulichio di voci camuffate e interessate, che impongono di stare sull'attenti e che dicono come, quando e dove: poiché gli eccelsi, tutti imporporati nei loro camici ufficiali di diversi colori, vorrebbero insegnare quello che è bene e male nella vita sessuale, di cui alcuni, per loro stesso giuramento, non dovrebbero avere nemmeno la più piccola esperienza.

Una vera follia, un vero sacrilegio contro il sacro senso di rispetto per la vita e l'amore.

Di tanto fuor di strada e fuor di senno porta il tabù sessuale!

Così, talvolta, la porcheria più aperta e in parte veritiera che un ragazzo si troverà a incontrare sarà la paccottiglia della pornografia più conclamata, che qualche volta ha il merito comunque di far venire a galla molteplici realtà, comuni a livello sociale, celate malamente dietro al velo pietoso ed impudico della doppia morale delle eminenze grigie, e delle loro schiere di anonimi compari, che predicano bene e razzolano male.

I figli della “buona educazione” si devono orientare da soli in questa babilonia d'immagini e parole, che da una parte presenta la sessualità come un semplice bere coca cola e dall'altra come la pozione di una cattiva strega.

 

E noi come tutti i bambini abbiamo marciato sulla via della buona educazione alla sessualità e lungo questa strada abbiamo perduto altri frammenti del nostro amore proprio e della nostra energia e con un io ancora più ridotto e un cuore più ferito ci siamo avventurati per il mondo in cerca dell'amore.

Il nostro io sessuale è dovuto passare sotto le forche caudine di una cultura ancora ossessionata dalla coda del diavolo e in questo modo abbiamo introiettato nuovi elementi della matrice che ha fornito le tracce ai nostri movimenti nella sfera sessuale.

La matrice sessuale si è strutturata seguendo la trama di tutte le tracce precedenti, acquisite durante lo sviluppo pregenitale, e con esse ha completato la formazione della nostra matrice dell'amore.

 


112

 

…e quando incontrerai la morte, guardala in fondo agli occhi:

morirà una persona con le sue illusioni

e quanto più la piangerai tanto più sarà viva, dentro di te…

 

 

INCONTRARE LA MORTE

 

Probabilmente tra i molti avvenimenti del nostro viaggio un giorno ci verrà incontro anche la morte.

Forse la morte è una porta che si apre, forse è il passaggio verso un altro mondo, ma certamente chiude l'esperienza di questa nostra vita, l'unica sicurezza materiale della nostra esistenza.

Per noi la morte è un male.

Un male oscuro che ci fa paura fin dall'infanzia e che cresce con noi, vicino a noi: e noi, come pulcini con la chioccia, ci nascondiamo sotto le ali calde della vita che corre e corriamo con lei verso la sera delle nostre illusioni.

Per noi che siamo in viaggio, incontrare la morte è un'occasione per guardare negli occhi la nostra vita.

La morte è sempre la separazione, è sempre una relazione che si spezza e che ci spezza il cuore, la morte è sempre e soprattutto un eterno dolore che ha bisogno soltanto di tutto il nostro pianto.

E dopo il nostro pianto, ancora il nostro pianto, ogni volta che torna, per tutto il tempo che è vivo il sentimento.

Si può piangere la morte di una persona anche dopo decenni, molti decenni: il dolore non muore, diventa solamente più tranquillo e più sereno, come un vecchio saggio, se gli lasciamo aperta la porta del suo pianto che è la sua libertà di stare al mondo.

E con la libertà del pianto gli occhi vedono meglio, il cuore sente meglio e tutto il corpo, pieno di respiro, prende un contatto molto più profondo con la realtà e possiamo guardare dentro la nostra vita senza ombre.

 


113

 

…e con la morte dentro riprenderai il timone con più forza

e sfiderai il tuo mare in cerca del tesoro della vita…

 

 

LA FORZA RICREATIVA DELLA MORTE

 

Quando la vita con gli occhi aperti s'imbatte nella morte senza veli è una svolta del viaggio: l'incontro con la morte purifica la vita.

Se ne volano via tutte le fantasie che di fronte alla morte non sanno stare in piedi e si portano via cortei di sogni e folle d'illusioni che invadevano il tempo della vita e anche i fantasmi che incantavano il cuore fuggono in cerca della loro ombra.

Di fronte all'impotenza più totale cui è condannata fin dal primo giorno la nostra vita che va verso la morte, ci rimane quest'unico potere di toccare l'essenza di questa nostra vita, che consiste nel vivere il presente con tutta la presenza del nostro io animale, nel senso materiale e spirituale.

Al passato appartengono i morti e nel futuro sarà la nostra morte: la nostra vita è tutta nel presente.

E ogni presente se ne muore invano se non è stato pieno della vita che noi possiamo e che spesso buttiamo, aggrappati a un passato che a volte non è neppure stato come lo ricordiamo e ipnotizzati dalle false immagini di un futuro improbabile.

Nel nostro viaggio, quando sarà il momento, varrà la pena (nel senso letterale) di vivere la morte fino in fondo, per far rinascere il seme naturale di questa nostra vita.

 






123

 

…sarà l'appuntamento dell'addio alle tue belle favole…

 

 

LA FAVOLA DEL “ PER SEMPRE ” E DEL “ SEMPRE DI PIU' ”

 

I sogni e le illusioni sono l'altra faccia dei nostri sentimenti rifiutati, l'eco lontana delle ferite al cuore che abbiamo ricevuto durante i primi passi nel campo della vita.

Nel mondo della mente, le tracce di dolore, di rabbia e di paura, di disperazione e d'impotenza, si ritrovano sotto le sembianze di schemi di pensiero, di fantasie, di miti, d'illusioni.

Così la favola dorata del “per sempre” e del “sempre di più”, con cui usiamo incantare il nostro cuore ogni volta che inizia un nuovo amore, è la trasposizione nella sfera mentale, in forma capovolta, dei sentimenti legati all'esperienza della perdita dell'amore materno originario.

I nostri meccanismi di difesa hanno mascherato a questo modo i nostri sentimenti, per proteggerci il cuore, quando si è spezzato il legame totale dei primi tempi: la dolcezza infinita del primo amore con nostra madre si è andata gradualmente affievolendo col passare del tempo e a un certo punto in molti casi non c'è stata più.

Noi crescevamo e crescevano anche, magari troppo in fretta, le aspettative su di noi di nostra madre: nel giorno dopo giorno delle regole, s'induriva il suo corpo e la sua voce, la nostra fonte di tenerezza.

 


124

 

…dovrai viaggiare fino all'ultimo sogno dentro all'ultima isola…

 

 

IL MITO DELL' ISOLA FELICE E DEL RITORNO TRIONFALE

 

Così il mito dell'isola felice, nella quale trovare finalmente il tesoro perduto, non è altro che l'eco, che ritorna struggente, della disperazione di momenti lontani, perduti in mezzo al mare del nostro desiderio di contatto con il corpo rifugio di nostra madre e infine naufragati nell'isola remota della più dolorosa solitudine.

Così pure le nostre fantasie di vittorie trionfali, di fama e di successo, che sul piano reale non ci bastano mai una volta raggiunte, rappresentano il dramma delle nostre sconfitte primitive per tutte quelle volte in cui ci siamo sentiti non visti, trascurati, dimenticati e spesso anche umiliati, sulla scena del dramma familiare cui abbiamo preso parte coi vari personaggi del nostro io, cercando insieme di imitare ed evitare il copione dei nostri genitori, per strappare ad un tempo il loro applauso ed il nostro piacere.

Sulla ribalta dei nostri primi anni abbiamo lavorato sodo, senza stancarci mai delle estenuanti prove, delle continue messe in discussione, degli aggiustamenti sempre nuovi per migliorare in qualche sfumatura la nostra parte e piacere di più.

Abbiamo messo in scena la rappresentazione sublimata dei nostri sentimenti, trasfigurati nelle immagini astratte e narcisistiche del nostro io ideale: le più grandi ferite al nostro amore proprio sono diventate, sul palcoscenico mentale, l'immagine narcisistica alla quale si sono abbeverate tutte le nostre favole e per la quale abbiamo rinunciato al nostro io reale.

 




125

 

…e dovrai rinunciare alla più grande illusione del tuo io…

 

L' IDEALE NARCISISTICO

E' iniziata presto la costruzione del nostro io ideale, basata sul programma del dovere e del volere dei nostri genitori.

Ci siamo ritrovati col programma di essere diversi da quello che eravamo e ci siamo illusi di esserlo veramente o di poterlo essere in futuro.

Come Narciso ci siamo specchiati nella fontana dell'amore sublime dei nostri genitori e per il grande bisogno del loro amore ci siamo innamorati d'immagini che piacevano a loro, lontane dal nostro io reale, e per avvicinarci a questo io ideale abbiamo rifiutato parti integranti di noi stessi.

Il nostro io così ci è sembrato più grande, perché apprezzato dai grandi genitori, ma era solamente un io gonfiato, pronto a sgonfiarsi e a volte anche a scoppiare sotto la pressione della vita.

Ci siamo abituati a vivere come copie di quadri di grandi autori, sempre in esposizione e sempre falsi, dati in pasto alla voracità del voyeurismo della nostra cultura decadente, che troppo spesso non sa riconoscere e apprezzare lo spettacolo semplice e insieme grande dell'autenticità.

Nella grandiosa sfilata narcisistica della nostra cultura, ognuno si è ricamato quello che ha potuto per il proprio spettacolo dell'io e in questa esposizione permanente del nostro narcisismo, che altro poi non è se non l'imposizione di elementi artefatti all'autenticità del nostro io, si rivela ogni giorno la nostra debolezza e si rifrange l'eco dolorosa della nostra ferita originaria.

 


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…e sentirai un vuoto e sarà grande:

sarà uno spazio nuovo

per riempire di nuovo la tua storia…

 

UN GRANDE VUOTO DA RIEMPIRE

Si aprirà un grande vuoto dentro di noi e allora la realtà troverà un nuovo spazio nella nostra coscienza.

Certo non sarà bella come le nostre favole, ma sarà nostra e vera.

Per renderla più bella dovremo riacquistare, col lavoro continuo della meditazione, il gusto ed il piacere di cogliere coi nostri sensi aperti le sensazioni semplici e reali.

Ma certo questo vuoto sarà in parte incolmabile e torneranno sempre le voci delle favole: impareremo ad esserne padroni e non più schiavi.

Certo vivrà di nostalgia un angolo lontano del nostro cuore, perché sarà la fine del passato che abbiamo idealizzato: sarà la fine dell'incantesimo fatato che abbiamo fatto noi, sarà come la fine di un amore.

Questo sarà il prezzo da pagare per ritrovare un amore reale.

Allora e solo allora sarà la fine di questo nostro viaggio.

Saremo pronti allora per partire per l'altro viaggio: verso la costruzione di un amore che sappia ricrearsi e ricreare…

 


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I MAESTRI DELLA RICERCA

 

 

 

i maestri della teoria

 

Alexander Lowen, Wilhelm Reich, Sigmund Freud, Carl Rogers, Eric Berne, Fritz Perls, , David Cooper, Ronald Laing, Carl Gustav Jung, Ulrich Neisser, George Ivanovic Gurdjieff, Paul Wlatzlawick, Sheldon Kopp, Robert Stoller e molti altri autori

 

i maestri della pratica

 

Alberto Torre, Gabriella Buti Zaccagnini, Aristide Iniotakis, Jules Grossman, Teddi Grossman, David Boadella, Jim Miller, Bill White, Eleanor Greenlee, Michael Conant, Eliana Lanzarotti Gobbi, Giorgio Salmoni, Tiziana De Rovere, Mary Denaro, Luisa Parmeggiani, Maria Luisa Aversa, gli insegnanti e i colleghi della Società Italiana di Analisi Bioenergetica e molti altri terapeuti

 

 

 

GRAZIE A LORO

 


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GLI ARGOMENTI DELLA RICERCA


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INDICE


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INDICE DEI COLLEGAMENTI CON

‘' L'ISOLA FELICE - VIAGGIO ALLA RICERCA DELL'AMORE PERDUTO''

 

schema della corrispondenza delle pagine:

‘'La ricerca del proprio amore'' = RPA ‘'L'isola felice'' = IF