Spesso incontro su Facebook pubblicazioni di miei colleghi psicologi che presentano un problema, di solito in modo piuttosto schematico, e chiedono al pubblico dei lettori: cosa ne pensate? siete d'accordo?
In molti casi queste pubblicazioni sembrano avere come obiettivo quello di ottenere un numero alto di risposte in modo da contribuire all'accrescimento del traffico in entrata verso il proprio profilo e così poi avere maggiori canali in uscita per raggiungere il pubblico con i propri post.
Sappiamo infatti che un nostro post non arriva a tutti i nostri amici, ma che l'algoritmo di Facebook lo fa girare più o meno e nelle direzioni indicate da diversi parametri, uno dei quali è l'entità del traffico reciproco tra i vari profili.
Dunque si tratta spesso di "post civetta" utili ad incrementare il proprio "potenziale pubblicitario".
Certamente chi lavora attraverso relazioni d'aiuto, in particolare uno psicologo, dovrebbe chiedersi quale possa essere l'impatto di tutto ciò sui propri clienti, sia a livello conscio che inconscio.
Giacché, a mio modo di vedere, la mancanza di autenticità e la distorsione della verità nell'ottica della manipolazione del consenso, sono nella nostra professione quanto di peggio si possa incontrare.